Nanni Moretti arriva al giro di boa dei 70 anni. Regista-attore tra i più importanti del nostro cinema degli ultimi 40 anni da “Io sono un autarchico” del 1976 all’ultimo “Il sol dell’avvenire” ha lasciato un segno importante con una visione ironica e sarcastica dei luoghi comuni e problematiche della società italiana e dei suoi costumi. E per i suoi 70 anni si regala una nuova avventura, quella del teatro: dirigerà due atti unici di Natalia Ginzburg, “Dialogo” e “Fragola e Panna”. Con Valerio Binasco, Daria Deflorian, Alessia Giuliani, Arianna Pozzoli, Giorgia Senesi. Prima nazionale al Carignano di Torino il 9 ottobre. Profondamente romano, Nanni Moretti è in realtà nato a Brunico il 19 agosto 1953, durante una vacanza dei genitori in montagna. E nei suoi cromosomi lo spirito protestante e rigoroso degli alto-atesini è rimasto inciso a fuoco. Moretti viene da una famiglia di docenti: il padre Luigi insegna epigrafia latina, la madre (Agata Apicella) è professoressa di lettere, il fratello maggiore Franco sarà ordinario di letterature comparate e Silvia (la sorella più piccola) entrerà alla Treccani. Una famiglia borghese che però non contrasta la passione per il cinema del ragazzo che addirittura vende (così narra la leggenda) la sua collezione di francobolli in cambio di una cinepresa Super8. Con questa gira le sue prime prove (“La sconfitta”, “Patè de borgeois”, “Come parli, frate?”) che presenterà alle Giornate del Cinema, la contro-mostra di Venezia nel 1974. Il primo lungometraggio, “Io sono un autarchico”, esce nel dicembre 1976. Nel 1977 Paolo e Vittorio Taviani gli offrono una parte nel film “Padre padrone”, mentre nel 1978 esce a Roma “Ecce bombo”, il suo primo prodotto professionale. Il film, girato in presa diretta, viene presentato in concorso al Festival di Cannes e raggiunge un inaspettato successo di pubblico (costato 180 milioni di lire, incassa 2 miliardi), imponendo l’autore all’attenzione della critica. Il film scatena una controversia con Alberto Sordi perché Moretti attacca duramente l’attore-icona per non aver mai preso una posizione politica. Ma sono gli anni 80 a consacrare il suo talento. Escono anno dopo anno “Sogni d’oro” (Leone d’argento a Venezia), “Bianca”, “La messa è finita” (Orso d’argento a Berlino). Sul finire del decennio fonda la casa di produzione cinematografica Sacher Film e nel 1989 gira “Palombella Rossa”, la sua ciliegina sulla torta. Diventano cult termini come kitsch, cheap, trend negativo che si aggiungono alle frasi iconiche “Continuiamo così, facciamoci del male!” e “Le parole sono importanti”. Gli anni 90 si aprono con il documentario “La cosa” pensando ad Achille Occhetto e si chiudono con “Aprile”, di cui rimane immortale la frase-tormentone “D’Alema, dì una cosa di sinistra”. A inizio anni 2000 arriva la Palma d’Oro al Festival di Cannes con “La stanza del figlio”, che vince anche il David di Donatello. Quello con la kermesse di Cannes è un rapporto speciale: da “Caro diario” (1993) in poi sarà sempre sulla Croisette per un totale di nove partecipazioni benedette dalla famosa “eccezione Moretti” che gli consente, caso raro per il Festival, di far uscire i suoi film mesi prima della première in Costa Azzurra. Tra i film della maturità che lo collocano di diritto nell’olimpo del cinema italiano, oltre all’emozionante “Caro diario” vanno ricordati l’intenso “Habemus Papam” con Michel Piccoli e il dolcissimo “Mia madre” con Margherita Buy vincitrice del David di Donatello.