di Alessandro Ceccarelli
“Il cielo crollava ed era striato di sangue
Ti ho sentito che mi chiamavi
Poi sei scomparso nella polvere”
(Bruce Springsteen)
“Se lo chiedi, ognuno di noi si ricorda perfettamente dov’era e cosa stava facendo in quel momento. Cose che cambiano la storia”
(Anonimo)
Ricordi personali di una tragedia collettiva
L’11 settembre 2001 avevo 37 anni e da undici anni facevo con grande passione la professione di giornalista. Quel giorno come sempre ero arrivato in redazione dopo aver pranzato con dei colleghi in una trattoria vicino al giornale. Era una martedì di sole, tutto sembrava normale, solita routine lavorativa. Entro nella mia stanza, accendo il computer, controllo la posta elettronica, mi collego con le agenzia stampa (Ansa, Agi, Adn-Kronos) per una rapida occhiata alle notizie del giorno. Nulla di eccezionale. Chiamo come ogni giorno la Sala Stampa della Questura di Roma per avere tutte le notizie di cronaca nera. In tutte le stanze della sede del quotidiano per cui lavoravo (Italia-sera, ndr) erano accesi come sempre i televisori, alcuni dei quali con la schermata del televideo.
Ore 14.46: Nulla fu come prima
Poco prima di fare la classica riunione di redazione accade una cosa incredibile, impensabile. Poco dopo le 14.46 tutte le televisioni interrompono le normali programmazioni per diffondere le drammatiche e iperrealistiche immagini delle Twin Towers di New York, la sede del World Trade Center. Una delle due altissime torri era avvolta dalle fiamme. In pochi secondi tutti eravamo impietriti e senza parole davanti ai monitor. Sembrava uno scherzo, un tipico film catastrofico hollywoodiano. In un primo momento tutti pensammo ad un tragico incidente aereo, ad una drammatica fatalità. Le notizie erano frammentarie, frenetiche e contradditorie. Le agenzie stampa erano letteralmente impazzite. Ogni secondo battevano aggiornamenti. Nella mia memoria ho un ricordo del tempo come se fosse sospeso. Ricordo che la prima cosa che feci fu quella di chiamare al telefono la mia compagna Simona (All’epoca io vivevo a Roma e lei a Milano, ndr) per dirle che un aereo di linea si era schiantato contro una delle Torri Gemelle. Poi cominciarono le prime riflessioni: un incidente aereo? No, non può essere, la visibilità era perfetta, cielo sereno senza una nuvola a New York. Entro pochi minuti tutti scartammo l’ipotesi incidente aereo. Allora cosa è stato? Pian piano le agenzie, gli speciali televisivi in diretta e i giornali on line cominciarono a diffondere le immagini del Boeing 767 dell’American Airlines che penetrava e si disintegrava in una enorme palla di fuoco sulla Torre Nord del World Trade Center. Immagini impressionanti, agghiaccianti: terrore puro.
Il terrore divenne quotidiano
Ormai era evidente che l’ipotesi dell’incidente aereo era definitivamente scartata. Dalle immagini era chiaro che l’aereo aveva deliberatamente centrato con una perfetta rotta di collisione uno dei due enormi grattacieli di New York. Si trattava quindi di un attacco, una terribile e devastante azione terroristica senza precedenti nella storia contemporanea. Inizia l’era del terrore quotidiano. Tutto divenne irreale, fantascientifico e assurdo quando altri due aerei colpirono la Torre Sud e il Pentagono, la sede simbolica del potere militare degli Stati Uniti d’America.
La più grande potenza militare del pianeta era sotto attacco, stordita, immobile come un pugile stretto alle corde. In redazione tutti pensammo: è iniziata la Terza guerra mondiale. Eravamo tutti storditi mentre noi giornalisti ci guardavamo increduli e senza parole. Poi la tragedia si concluse in maniera apocalittica: una dopo l’altra le due torri si sbriciolarono e sparirono in una enorme coltre di fumo nero. Due edifici di 110 piani alti 417 metri erano spariti. Quante persone erano morte? Si trattava di una vera e propria apocalisse in diretta. Un evento mediatico senza precedenti nella storia dell’uomo. Solo dopo le 17 cominciammo a riprendere il fiato per tornare alla vita. Eravamo tutti stravolti, esausti, increduli. Ora però bisogna tornare al lavoro. E non fu affatto facile.
Quella dell’11 settembre fu una giornata lunghissima. Quando la sera tornai a casa ero stremato e stordito dalla quantità di notizie assorbite. Accesi il televisore per proseguire la visione degli speciali. Per giorni, settimane e alcuni mesi successivi anche la mia vita quotidiana cambiò. Ero troppo scosso da un evento che aveva quasi messo ko un Paese che avevo sempre amato grazie ai romanzi di Ernest Hemingway e Scott Fitzgerald, alla musica di Duke Ellington e Miles Davis, ai dipinti di Edward Hopper e Jackson Pollock al cinema di John Ford e Orson Welles. Oggi sono passati sedici anni. Eppure sembra ieri quando penso a quel giorno. Alcune cose sono cambiate nella mia vita. Ora vivo a Milano e sono diventato padre. Anche il mondo è cambiato, forse in peggio.