Musica: King Crimson, la “singolarità” del rock

La copertina di “In the court of the Crimson King”, primo album del King Crimson uscito nell’ottobre del 1969

Ricevo e pubblico da Roberto Ceccarelli un lungo articolo che traccia la prima parte della carriera dei King Crimson, gruppo musicale britannico tra i più originali e innovativi del panorama del rock internazionale. L’articolo in questione ripercorre la storia della rock band dal 1969, anno della sua fondazione sino alla pubblicazione di “Islands” nel 1971, che secondo l’autore chiude la prima parte dell’attività dei King Crimson. La seconda parte riguarderà il periodo che va a cavallo dal 1972 sino alla pubblicazione del live  “U.S.A.” nel 1975. La terza parte ripercorrerà i King Crimson anni ’80 con Adrian Belew, Tony Levin e Bill Bruford. Seguiranno le ultime due puntate che racconteranno i King Crimson anni ’90 sino a quella della band tutt’ora in attività che comprende ben sette elementi: Jeremy Stacey, Gavin Harrison e Pat Mastellotto alla batteria, Mel Collins ai fiati, Tony Levin allo stick base, Jakko Kakszkyk alla seconda chitarra e naturalmente Robert Fripp alla chitarra solista. In questo articolo non è citato il live “Earthbound”, pubblicato nel giugno del 1972, album che testimonia il tour statunitense dei King Crimson intrapreso tra il febbraio e il marzo precedente. Quando il disco uscì, Robert Fripp si oppose alla sua pubblicazione per la pessima qualità del suono, definendolo una “sorta di errore di percorso”.

di Roberto Ceccarelli

E’ opinione diffusa tra gli astrofisici che, circa 14 miliardi di anni fà, si sia generato l’universo attraverso una “singolarità” definita “Big bang”.  “Singolarità” proprio perchè le condizioni fisiche, in quella fase primordiale, si presentavano uniche ed estreme. Circa 48 anni fà si realizzava un’altra “singolarità”, ma questa volta nell’ambito terreno del Rock: si tratta dei King Crimson. Perchè associare il concetto di “singolarità”, già di per se complesso, a dei musicisti Rock? Probabilmente per una serie di ragioni riguardanti l’idea stessa di musica Rock e di band che, in particolare il chitarrista Robert Fripp, era convinto di avere. Effettivamente i King Crimson, nella loro infinita storia, non hanno mai avuto stabilità di gruppo, ma si sono aggregati periodicamente attorno alle idee di un musicista particolarmente innovativo ed originale: appunto…Robert Fripp. Per questo motivo i King Crimson possono considerarsi un progetto musicale più che un gruppo.

La spinta propulsiva di Robert Fripp, così straordinariamente rigoroso e stoicamente coerente alle sue idee di trasgressione, ha consentito ai King Crimson di proporsi sempre in modo innovativo ed inconsueto. Inoltre va ricordato che Fripp appare in scena con la sua chitarra quasi del tutto immobile, sempre seduto sul “fedele” sgabello: una sorta di negazione della fisicità ed in netta contrapposizione all’iconografia tipica del chitarrista Rock, che si esprime anche col corpo nell’esaltazione del “machismo testosteronico”, e conferendo quindi ulteriore senso alla musica stessa. Probabilmente il rifiuto di qualsiasi compromesso formale e contenutistico, ha impedito loro di accedere alle luci della ribalta, alla notorietà ed al successo popolare. Voce e basso Greg Lake: voce inusuale nel panorama Rock per via dell’impostazione classica più vicina quindi alla tradizione espressiva del melodramma ottocentesco. La sua pulizia timbrica, costringe i King Crimson a distorcere la voce nel brano iniziale “21st Century Schizoid Man” per renderla più graffiante ed adeguata al sapore energico e drammatico della composizione. Ian McDonald: pluristrumentista (fiati e tastiere) talentuoso e versatile, capace di spaziare tra stilemi classici e jazz. Splendido il tappeto di archi (Mellotron) in crescendo nel brano “Epitaph”. Di assoluta leggiadria la linea melodica del suo flauto traverso nella splendida e cantabilissima “I Talk to the Wind”. Molto interessante il “soffuso” lavoro tastieristico nel dialogo con la chitarra di Fripp in “Moonchild”. Ma la propensione compositiva e la visione dell’arrangiamento di McDonald risultano antitetiche alla spinta avanguardista e sperimentale del chitarrista Roberto Fripp. Per questo abbandonerà presto i compagni d’avventura.

Il secondo album dei King Crimson, “In the wake of Poseidon”, pubblicato nel maggio del 1970

Gran parte del repertorio Crimsoniano è ricco di autentiche perle musicali e sarebbe difficile elencarle tutte. Si è accennato alla loro prima opera “In the Court of the Crimson King”, ma anche nel secondo album “In the Wake of Poseidon” c’è la conferma ed un passo avanti dal punto di vista delle soluzioni raffinate ed elaborate. Si nota un’incremento di stilemi jazz con la presenza di Keith Tippet al pianoforte e Mel Collins ai fiati. Molto bello e confidenziale lo “strumentale” nell’energico brano “Pictures  of a City” che potrebbe ricordare “21ts Schizoid man” ma è profondamente diverso soprattutto nella sezione centrale. Grande delicatezza e dolce cantabilità in “Cadence and Cascade” (in cui canta Gordon Haskell) con il sublime flauto traverso di Collins e l’accompagnamento “particolare” della chitarra acustica di Fripp. La “sinfonica” ed evocativa “In the Wake of Poseidon”, dove il mellotron giganteggia con il timbro dei violini e la chitarra acustica di Fripp disegna delle forme frastagliate ed inusuali. Tornando a “In the Wake of Poseidon”, c’è da sottolineare la splendida “Cat Food” in cui Tippet propone un pianoforte assolutamente imprevedibile da sembrare una catena metallica che si srotola nel suo fluire di note tra il free jazz e Stockhausen, mentre nello “strumentale” il pianista dialoga con la chitarra jazz di Fripp. Infine “The Devil’s Triangle” , bolero diviso in tre movimenti, molto originale per via della chiusura free jazz dalla quale emerge inaspettatamente il coro presente nel brano ” The Court of the Crimson King” del primo album.

Tale accompagnamento chitarristico, così originale, lo si ritroverà ancora più evidente ed estremo in “Cirkus”, brano d’apertura del disco successivo “Lizard”.

Il terzo album dei King Crimson, “Lizard”, pubblicato nel dicembre del 1970

Nel 1970 i King Crimson presentano il loro terzo album “Lizard” e l’anno successivo “Islands”, due opere capolavoro che confermano l’incredibile vena creativa sempre volta in avanti nell’esplorazione di forme ed arrangiamenti inusuali, elaborati ed eleganti: idee, intelligenza, tecnica e gusto. I musicisti intorno a Fripp cambiano, ma la sorprendente originalità si mantiene indiscutibilmente ad altissimi livelli. Fenomenale la chitarra acustica in “Cirkus” come già accennato. Qui Fripp propone un fraseggio originalissimo, una sorta di controcanto contrappuntato alle linee melodiche della voce e dell’organo, per cui abbiamo tre linee melodiche meravigliosamente armonizzate che creano tensione col crescendo e che risolvono negli evocativi archi del mellotron ed il sax soprano di Collins. Il brano “Lizard” è una lunga e complessa composizione suddivisa in cinque movimenti dove i King Crimson esplorano molte forme di scrittura. Ad esempio nel secondo movimento la cornetta conduce la melodia per poi lasciarla all’oboe che regala un sapore più struggente alla stessa. Il pianoforte “liquido”, gli archi del mellotron ed il tempo bolero sembrano conferire al tutto un’atmosfera tardo-romantica, ma ad un certo punto il pianoforte guida la composizione ad un radicale cambiamento e, grazie alla successione di accordi sincopati jazz, l’atmosfera si trasforma in una sorta di free jazz con i “fiati” protagonisti, mantenendo il tema e il tempo bolero. I tre fiatisti che suonano sono Nick Evans al trombone, Mark Charig alla cornetta e Robin Miller al corno inglese e all’oboe. Al culmine di questo momento espressivo molto intenso, il tutto si dissolve nella nota tenuta dall’oboe che riprende il tema iniziale, accompagnato dagli archi del mellotron e ripristinando così l’atmosfera tardo romantica. Ma tutto l’album rappresenta una delle perle assolute della storia Crimsoniana.

Il quarto disco dei King Crimson, “Islands”, pubblicato nel dicembre del 1971

Altrettanto dicasi per il successivo disco “Islands” dalle atmosfere più cupe, ricco di idee e soluzioni stupefacenti. Si comincia subito ad altissimo livello con il brano “Formentera Lady” che apre con contrabbasso ad archetto a cui si aggiungono pianoforte e flauto traverso. Dopo il cantato c’è un’inaspettato vocalizzo soprano, il tutto concepito con grande tecnica ed estrema eleganza. Quindi una formidabile dissolvenza che introduce il tema della seconda composizione: “Sailor’s Tale”. Ma i due brani sono legati dal tintinnio ritmico dei piatti della batteria in un crescendo iperbolico impressionante in cui giganteggia la chitarra graffiante di Fripp, l’immancabile mellotron ed una ritmica dispari potentissima.

“The Letters” è un brano meraviglioso ed ancora più atipico perchè inizia con un “pianissimo” delicato arpeggio di chitarra che accompagna la struggente e cantabilissima melodia della voce. All’improvviso un “fortissimo” con sax e chitarra elettrica che si chiude con una specie di urlo spezzato realizzato magistralmente dalla chitarra di Fripp. Molto interessante lo “strumentale” jazz dove dialogano sax e chitarra. La “suite” “Island”, formidabile e monumentale composizione che apre con la dolcissima melodia della voce, il contrappunto del flauto basso ed il pianoforte elegantissimo. Si prosegue con la cornetta suonata da Mark Charig, l’oboe di Robin Miller, l’armonium suonato dallo stesso Fripp. Chiude il “gran finale” epico con l’aggiunta in crescendo gli archi del mellotron, un opera irripetibile. Con questo disco si conclude la prima fase dei King Crimson che potremmo definire romantico-jazzistica. Quattro opere di altissimo livello che a distanza di quasi cinquanta anni conservano inalterate freschezza, eleganza ed originalità.

I king Crimson durante il tour di “Islands” del 1972 con Mel Collins al sax, flauto e mellotron, Box Burrell al basso, Ian Wallace alla batteria e Fripp alla chitarra e al mellotron
I King Crimson live nel 1972