Cinema, “The Report”, il lato oscuro della democrazia Usa

di Alessandro Ceccarelli

Gli otto anni della presidenza di George Bush sono stati caratterizzati dall’ambizioso piano (in gran parte fallito) di egemonizzare il Medio Oriente. Due guerre, la prima contro l’Afghanistan invaso nell’ottobre del 2001 in risposta agli attacchi dell’11 settembre di Al-Qaeda contro gli Usa e la successiva campagna militare contro l’Iraq (marzo 2003) ha causato un forte dibattito interno e internazionale sulla reale natura della democrazia americana. Gli scandali delle torture perpetrate contro i prigionieri iracheni e contro i presunti terroristi di Al-Qaeda nella base di Guantanamo hanno sollevato enormi polemiche contro il presidente Bush, il suo vice Cheney e il ministro della Difesa Donald Rumsfeld. In questo complesso contesto geopolitico si muove il film “The Report” (2019), scritto e diretto da Scott Z. Burns. L’intricata vicenda si svolge tra il 2002 e il 2011 quando Daniel Jones (Adam Driver) collabora con la senatrice democratica Dianne Feinstein (Annette Bening) per fare luce sulla pratica delle torture da parte degli agenti della Cia in Afghanistan e in alcuni carceri europee. Grazie ad una sceneggiatura di grande fattura che riporta i reali fatti di cronaca, “The Report”, denuncia il pessimo operato morale ed etico dell’amministrazione Bush (2001-2009) responsabile di ignobili e ingiustificate torture contro centinaia di prigionieri. Il lato più “imbarazzante” per la democrazia americana è che tutta la violenza usata contro i presunti terroristi non è servita a scongiurare nuovi attacchi o attentati. Le torture infatti non hanno prodotto nessun risultato positivo contro il terrorismo internazionale. Con l’ingresso dell’amministrazione Obama la pratica degli “interrogatori avanzati” fu bloccata ma nessun agente della Cia e le alte sfere di Washington furono mai condannate. Un realistico film da non perdere.