Led Zeppelin, il debutto che stravolse il rock mondiale

La copertina del primo album dei Zeppelin pubblicato dall’Atlantic Records il 12 gennaio 1969

Prologo: gli anni Sessanta

Gli anni Sessanta furono il decennio in cui la musica giovanile compì dei passi giganteschi, rivoluzionari. I ragazzi dell’epoca furono così influenzati da questo fenomeno che alcune band rivestirono anche una grande importanza dal punto di vista del costume e del sociale. I primi furono ovviamente i Beatles. La loro musica fu una sorta di choc. Era la risposta britannica al rock’n’roll degli Stati Uniti capitanato da Elvis Presley. I beatles dominarono tutto il decennio e si sciolsero nel 1970. Contemporaneamente si formare altri gruppi che diedero un grande contributo al rock inglese. Nel 1963 si formarono i Rolling Stones, nel 1964 gli Who, nel 1966 i Pink Floyd, nel 1967 Cream, i Nice, i Traffic e i Van Der Graaf Generator, nel 1968 i Colosseum e i Jethro Tull e nel 1969 i King Crimson. Nello stesso periodo negli Usa si affermava un giovane musicista di colore che rivoluzionò il blues e il modo di suonare la chitarra: era Jimi Hendrix. Nessun altro chitarrista aveva mai usato come lui gli effetti elettronici e soprattutto nessun altro musicista aveva esplorato le sonorità delle sei corde come il 25enne di Seattle. Hendrix fu il chitarrista più innovativo emerso negli anni ’60. Tutti i suoi “colleghi” cercarono di carpire i segreti e la tecnica. I migliori discepoli furono senza dubbio Eric Clapton, Jeff Beck, Jimmy Page (che all’epoca suonava con gli Yardbirds) e Ritchie Blackmore che avrebbe formato nel 1968 i Deep Purple.

Jimmy Page comprese che in Inghilterra non c’era nessun gruppo che poteva competere con la band di Hendrix. Il supergruppo dei Cream si sciolse infatti nel 1968. In quel periodo il chitarrista londinese conobbe alcuni giovani promettenti musicisti: il 20enne cantante Robert Plant, il 22enne bassista-organista John Paul Jones e il 20enne batterista John Bonham. E’ la nascita dei Led Zeppelin, forse il gruppo rock per eccellenza della storia. Il successo è immediato, travolgente, oltre ogni previsione.

Dopo una breve serie di concerti di rodaggio nell’autunno del 1968, i quattro musicisti entrano negli Olimpyc Studio di Londra nell’ottobre dello stesso anno. Page ha le idee molto chiare: il disco deve avere un suono originale e innovativo. La musica, pur attingendo a piene mani dalla tradizione del blues nero americano, deve essere riarrangiata e suonata con più energia e passione. Per essere un album di debutto il risultato artistico è senza dubbio straordinario. Led Zeppelin I è un disco storico, fondamentale, manifesto di un decennio di grande creatività

Analisi musicale

L’album è fortemente influenzato dal blues, soprattutto da Willie Dixon, del quale vengono riproposte “You Shook Me” e “I Can’t Quit You Baby”. I Led Zeppelin stravolgono i brani originali portando avanti il progetto di blues psichedelico iniziato dai Cream e da Jimmy Hendrix. Le registrazioni dell’album si svolsero con celerità, anche in virtù dei brani, che erano già stati ampiamente provati dagli Yardbirds (“How Many More Times”, “Communication Breakdown” e soprattutto “Dazed and Confused”) e portati in concerto dai New Yardbirds, dai quali gli Zeppelin discenderanno per iniziativa del leader Jimmy Page. “2Led Zeppelin I” è spesso indicato come uno dei dischi cardine dell’evoluzione del rock nel periodo a cavallo tra gli anni sessanta e gli anni settanta. Jimmy Page diventerà uno dei chitarristi più amati ed influenti della storia del rock (fino a quel momento era un apprezzato session man), mentre il talento di John Paul Jones emerge prima come bassista e poi come tastierista e abile arrangiatore. Sono inoltre lanciati sul panorama musicale due perfetti sconosciuti: il cantante Robert Plant e il batterista John Bonham, musicista apparentemente grezzo, ma che si affermerà come un potente percussionista, “voce” cardine nel sound della band. Plant era dotato di una notevole estensione vocale, i suoi acuti spesso gareggiavano con la chitarra di Page. Il suo stile blues era impressionante. Sicuramente uno dei migliori cantati rock di sempre.

Anche la copertina dell’album è passata alla storia del rock. Essa è un vero emblema delle grandi immagini rivisitate: rielaborando un fotogramma del disastro dello Zeppelin “LZ 129 Hindenburg” avvenuto il 6 maggio 1937, il gruppo crea subito un simbolo forte e riconoscibile, famoso in tutto il mondo, che si lega indissolubilmente alla loro musica (il fuoco e le fiamme che animano il loro rock blues) e alla loro immagine. La scelta di simboli speciali è una costante del periodo, si pensi agli Yes con Roger Dean.

L’album inizia con un brano energico e aggressivo (scelta che poi diventerà un marchio di fabbrica del gruppo), “Good Times, Bad Times”; stesse coordinate segue il classico “Communication Breakdown”. I due potenti brani incorniciano una serie di pezzi blues e psichedelici: “You Shook Me” e “I Can’t Quit You Baby”. Il primo è un blues registrato da Muddy Waters nel 1962; la riscoperta di Page è sorprendente ma riprende qualcosa di una precedente versione di Jeff Beck. Il secondo è un pezzo originariamente inciso nel 1956 da Willie Dixon. Il gruppo ha sempre dimostrato un grande fascino per le sonorità blues, tanto che in quasi tutti i loro album vengono riscoperti e rielaborati brani e melodie del repertorio blues afroamericano. La tendenza della band di non segnalare i compositori originali dei brani presi a prestito, attribuendosi quindi il merito della loro creazione, sfociò in una serie di cause legali con l’accusa di plagio, come accadrà anche per l’album Led Zeppelin II. Page si giustificò affermando che nel blues è cosa comune che gli artisti condividano idee musicali tra di loro e le rielaborino secondo la loro particolare sensibilità, per cui l’operazione effettuata dagli Zeppelin era concettualmente lontana dal plagio vero e proprio.

La canzone più importante dell’album, nonché uno dei classici del gruppo, è “Dazed and Confused”, caratterizzata da un celebre assolo di chitarra suonato con un archetto da violino. Dal vivo il brano poteva essere dilatato per oltre mezz’ora, come è testimoniato nel live “The Song Remains the Same”. “Babe I’m Gonna Leave You” è la riscoperta di un brano folk tradizionale da parte di Page, impreziosito dalla drammatica performance vocale di Robert Plant. Vanno menzionate anche “Your Time Is Gonna Come” e “Black Mountain Side”, una seguito dell’altra: la prima è un suggestivo brano colorato dall’organo Hammond di John Paul Jones, il secondo un delizioso e complesso strumentale per chitarra acustica e tabal. Il disco si chiude con un brano vigoroso: “How Many More Times”, altro potentissimo blues psichedelico che contribuirà a consacrare gli Zeppelin.

L’ulbum fu pubblicato prima negli Stati Uniti nel gennaio del 1969 e poi in Europa nel marzo sempre dello stesso anno. Arrivò al 10° posto negli Usa, al 6° posto in Inghilterra, 1° in Spagna, 11° in Canada, 9° in Australia e 19° in Francia. “Led Zeppelin I” è considerato uno degli album di debutto più venduti di tutti i tempi. Le vendite complessive dal 1969 ad oggi sono di circa 16 milioni di copie in tutto il mondo. Nel giugno del 2014 è stato ripubblicato in doppio cd è il successo è stato immediato.

IL DISCO

Good times, bad times

Babe I’m gonna leave you

You shook me

Dazed and confused

Your time is gonna come

Black mountain side

Communication breakdowm

I can’t quiet you baby

How Many More Times

FORMAZIONE

JIMMY PAGE   Chitarra elettrica Fender Telecaster, chitarra acustica Martin, Chitarra Pedal steel, produzione

ROBERT PLANT Voce solista, armonica

JOHN PAUL JONES Basso elettrico Fender Precision, organo Hammond, piano elettrico.

JOHN BONHAM: Batteria, percussioni e timpani.

I Led Zeppelin in concerto nel 1969: da sinistra John Paul Jones al basso, John Bonham alla batteria, Robert Plant alla voce solista e Jimmy Page alla chitarra elettrica