Giornalismo: Oriana Fallaci, storia di un mito internazionale

 

Vi sono momenti, nella vita, in cui tacere diventa una colpa e parlare diventa un obbligo. Un dovere civile, una sfida morale, un imperativo categorico al quale non ci si può sottrarre” Ogni persona libera, ogni giornalista libero, deve essere pronto a riconoscere la verità ovunque essa sia. E se non lo fa è, (nell’ordine): un imbecille, un disonesto, un fanatico. Il fanatismo è il primo nemico della libertà di pensiero. E a questo credo io mi piegherò sempre, per questo credo io pagherò sempre: ignorando orgogliosamente chi non capisce o chi per i suoi interessi e le sue ideologie finge di non capire”

 

di Alessandro Ceccarelli

Negli ultimi anni della sua vita è stata al centro di feroci polemiche. E’ stata messa all’indice per aver espresso pensieri scomodi e discutibili. E’ stata messa all’indice per aver detto semplicemente quello che pensava, giusto o sbagliato che sia. Oriana Fallaci ha sempre fieramente combattuto ogni tipo di conformismo, ha sempre lottato per essere intellettualmente libera ribadendo le sue convinzioni anche quando (forse) non era il caso di dirle con il suo stile: duro, inesorabile e tagliente. E’ stata una delle prime giornaliste ad occuparsi di cronaca nera nel primo dopoguerra, quando era materia esclusiva dei colleghi maschi. E’ stata la prima donna ad essere inviata di guerra.

I suoi dodici libri, tradotti in ventidue lingue, hanno venduto oltre venti milioni di copie in tutto il mondo. Negli ultimi anni della sua vita e soprattutto dopo la tragedia degli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001, è stata duramente criticata per le sue posizioni estreme contro l’Islam. La sua ultima battaglia, persa, è stata quella contro un tumore ai polmoni, per la quale è morta nella sua Firenze il 16 settembre del 2006.

 

L’infanzia, subito partigiana in guerra

Oriana Fallaci è la prima di quattro sorelle: Neera e Paola, anch’esse giornaliste e scrittrici, ed Elisabetta, figlia adottata dalla famiglia Fallaci. Il padre Edoardo fu un attivo antifascista che coinvolse la figlia, giovanissima, nella resistenza con compiti di vedetta. La giovane Oriana si unì così al movimento clandestino della Resistenza Giustizia e Libertà, vivendo in prima persona i drammi della guerra: nel corso dell’occupazione di Firenze da parte dei nazisti, il padre fu catturato e torturato a villa Triste, e in seguito rilasciato mentre la Fallaci fu impegnata come staffetta per trasportare munizioni da una parte all’altra dell’Arno attraversando il fiume nel punto di secca dal momento che i ponti erano stati distrutti dai tedeschi. Per il suo attivismo durante la guerra ricevette a 14 anni, nel 1943, un riconoscimento d’onore dall’Esercito Italiano.

Anni Cinquanta: L’incontro con il giornalismo

Dopo aver frequentato il liceo classico “Galileo” la Fallaci si iscrisse alla facoltà di medicina che lasciò ben presto per dedicarsi al giornalismo esortata dallo zio Bruno Fallaci, egli stesso giornalista e direttore di settimanali. Esordì al Mattino dell’Italia centrale, quotidiano di ispirazione cristiana, dove si occupò di svariati argomenti, dalla cronaca nera, alla cronaca giudiziaria al costume. Fu licenziata dal quotidiano perché si rifiutò di scrivere un articolo a favore di Palmiro Togliatti, come le aveva ingiunto il direttore. Successivamente la Fallaci si trasferì a Milano per lavorare al settimanale Epoca di Mondadori allora diretto da suo zio Bruno Fallaci che per non favorirla le affidava degli “incarichi infami”. Nel 1951 venne invece pubblicato il suo primo articolo per L’Europeo, per il quale si occupava di modernità, mondanità, ma anche di cronaca nera. Nel luglio 1956 Oriana Fallaci giunse per la prima volta a New York per scrivere dei divi del mondo del cinema. Da quest’esperienza venne tratto il suo primo libro, “I sette peccati di Hollywood”, dove racconta i retroscena della vita folle della settima arte. La prefazione del libro è scritta da Orson Welles.

Gli anni Sessanta: il successo, le guerre e le tragedie

Questo fu il decennio in cui Oriana Fallaci divenne la giornalista italiana più famosa nel mondo. Nel 1961 girò il globo per fare un’inchiesta sulla condizione della donna. Da questo reportage nasce il suo secondo libro “Il sesso inutile” pubblicato nel 1962. La sfida tra Unione Sovietica e Stati Uniti per la conquista della Luna, portò la giornalista negli Usa per diversi mesi per conoscere i “nuovi eroi” della modernità: gli astronauti. Da questa lunga ed intensa esperienza professionale ed umana scrive “Se il sole muore” (1965) con interessanti interviste e ritratti degli uomini che parteciparono in seguito alle missioni Mercury, Gemini e Apollo, tra cui Neil Armstrong: il primo uomo che mise piede sulla Luna. Altro grande avvenimento del decennio che cambiò la sua vita fu la guerra del Vietnam. Al fianco di altri due grandi inviati come Goffredo Parise e Tiziano Terzani, la Fallaci fece di tutto per essere in prima linea tra i soldati americani impiegati in quella che fu definita la “sporca guerra”. Dopo quasi due anni di permanenza nel sud est asiatico, Oriana Fallaci pubblica “Niente e così sia” (1969), a metà tra il romanzo, il saggio storico e la corrispondenza di guerra con tanto d’intervista a William Westmoreland, il comandante in capo delle forze armate Usa nel Vietnam. Nelle Olimpiadi in Messico del 1968, la giornalista viene coinvolta in prima persona nella violenta repressione della polizia a Città del Messico. La Fallaci è gravemente ferita da colpi di arma da fuoco esplosi dalla polizia.

Gli anni Settanta: Panagulis e il mistero della vita

In questo decennio Oriana Fallaci consolida il suo successo come romanziere e come reporter. Inoltre finisce per la prima volta sotto le luci della ribalta per la sua tormentata relazione con il poeta e rivoluzionario greco Alexos Panagulis. La sua attività letteraria è molto intensa. Nel 1974 pubblica il celebre “Intervista con la storia”, un saggio sui principali incontri della giornalista con i potenti della terra. Celebre rimane l’intervista-scontro con il segretario di Stato Usa Henry Kissinger. L’anno seguente è la volta di “Lettera ad un bambino mai nato”, in cui la Fallaci affronta il tema della vita. E’ un romanzo molto sofferto, sincero e personale. E’ il suo più grande successo editoriale in termine di copie vendute in tutto il mondo. Il 21 agosto del 1973 è una data molto importante per la vita dell’inquieta giornalista. La Fallaci incontra per la prima volta Alex Panagulis, un leader rivoluzionario greco che si era opposto al duro regime dei colonnelli dopo il golpe del 1967. L’uomo era stato imprigionato, torturato e seviziato per anni. Tra i due nasce un amore profondo, tormentato che finisce su tutti i giornali italiani e internazionali. Dopo una convivenza burrascosa fatta di liti e riappacificazioni, Panagulis muore in circostanze misteriose in un incidente stradale il 1° maggio del 1976. Per la Fallaci e per la sinistra europea Panagulis è stato ucciso dal regime militare. Dall’inchiesta della giornalista per stabilire la realtà dei fatti sulla morte di Panagulis, esce nel 1979 “Un Uomo”, forse il suo miglior romanzo.

Gli anni Ottanta: Beirut e l’esilio negli Usa

In questo decennio la giornalista è inviata con la missione Onu in Libano nel 1983, dove per la prima volta dalla fine della seconda guerra mondiale, partecipano anche i militari italiani. Poi decide di lasciare l’Italia trasferendosi a New York. Riduce drasticamente le sue apparizioni pubbliche, il suo sembra quasi un esilio.

Gli anni Novanta: Insciallah e la malattia

Nel 1990 è pubblicato il monumentale romanzo “Insciallah”. È ambientato ai tempi della guerra civile in Libano negli anni ottanta, durante l’intervento delle forze internazionali, alle quali partecipò anche l’Italia. Proprio attraverso le vicende personali e comuni dei componenti il contingente italiano nei tre mesi che intercorsero tra gli attentati di Beirut e il ritorno in patria della forza italiana, la Fallaci descrive un complesso retroscena che diventa uno spaccato della società italiana e fasi di scontri armati in cui prevalgono sequenze più dinamiche. In questi anni scopre di avere una grave forma tumorale ai polmoni. Inizia anche se a ritmi blandi, la stesura di un libro sulla sua personale lotta contro il tumore che la giornalista definisce come “l’alieno”.

L’11 settembre, l’Islam e la morte

L’attacco a New York e Washington dell’11 settembre 2001 provoca l’interruzione del libro sulla sua malattia. Oriana Fallaci scrive di getto un lungo articolo-sfogo sul Corriere della sera che provoca reazioni molto contrastanti nell’opinione pubblica. Nel periodo immediatamente successivo alla tragedia delle torri gemelli si parlò di scontro di civiltà tra cristianesimo e islam. Molti furono i dibattiti e la situazione internazionale peggiorò ulteriormente con la seconda guerra del Golfo del marzo del 2003. L’articolo pubblicato sul Corriere della sera è stato poi ampliato e pubblicato come saggio sempre nello stesso anno con il titolo “La rabbia e l’orgoglio”, seguito nel 2004 da “La forza della ragione”. E’ invece postumo l’ultimo romanzo di Oriana Fallaci, “Un cappello pieno di ciliege” (2008), una sorta di romanzo storico sulla famiglia della giornalista ambientato tra il 1773 e il 1889.