“La mia corsa”, il grido contro le mafie della scrittrice Francesca La Mantia


di Alessandro Ceccarelli

Il cinema, il teatro, la musica, la letteratura e il giornalismo hanno ampiamente cercato di raccontare il complesso e intricato fenomeno delle mafie. Alcune figure illuminate come lo scrittore Leonardo Sciascia o il regista Francesco Rosi hanno lasciato un segno indelibile con opere quali “Il giorno della civetta” e “Salvatore Giuliano” per il cineasta napoletano. Negli ultimi anni si è distinto il giovane giornalista-scrittore Roberto Saviano che soprattutto con il suo romanzo d’esordio, “Gomorra”, ha descritto con notevole realismo lo spietato e crudele universo della Camorra in Campania. Eppure nonostante i numerosi intellettuali, storici e artisti che si sono impegnati nel denunciare i crimini dei mafiosi e le connivenze della politica, nessuno di loro aveva mai tentato di parlare di questo fenomeno direttamente ai bambini. Spiegare ai più piccoli organizzazioni come Cosa nostra, la ‘Ndrangheta, la Camorra e la Sacra Corona Unità non è un’impresa da poco. Un lodevole e ammirevole tentativo è quello svolto da Francesca La Mantia, scrittrice, insegnante, documentarista e regista. Nativa di Bagheria (Palermo) da diversi anni si dedica alla questione delle mafie che da circa un secolo sono il principale nemico delle istituzioni democratiche. Quest’anno Francesca La Mantia ha pubblicato “La mia corsa”, la mafia narrata ai bambini (Gribaudo, Idee editoriali Feltrinelli) con le illustrazioni di Matteo Mancini. L’originalità dell’opera di Francesca La Mantia è proprio incentrata sullo sforzo di parlare direttamente ai bambini in maniera semplice, chiara e diretta delle mafie. Il risultato è un libro intenso, emozionante e minuziosamente documentato soprattutto su alcune persone comuni di Palermo che con la loro scelta hanno potuto far si che Giovanni Falcone potesse organizzare il famoso maxi processo che si svolse a Palermo tra il 1986 e il 1987. Il tutto raccontato con gli occhi e la sensibilità di Pietro, un bambino di 11 anni protagonista di questo racconto di vita. Abbiamo incontrato l’autrice di questa toccante e originale testimonianza a Milano, durante una delle tante presentazioni del suo libro. Francesca La Mantia è gentile, affabile, brillante e ogni sua parola è sapientemente misurata. Come gran parte dei giovani siciliani è dotata in un notevole senso dell’umorismo. Ama il gusto della provocazione e non è per niente rassegnata: crede nel senso civico e nella partecipazione soprattutto dei giovani che possono cambiare le cose. Crede decisamente meno nei confronti della politica e del potere di cui diffida senza mezzi termini.

I) Come prima domanda vorrei chiederti, se tu fossi una madre, in che modo spiegheresti a tuo figlio cos’è la mafia?
R: “Sono dei cattivi che privano dei diritti che ti spettano”.

II) Se tuo figlio ti dicesse come mai in tutti questi anni i “cattivi” e i “prepotenti” non sono mai stati battuti dai “buoni”?
R: “Sono stati molti i buoni che hanno combattuto i cattivi, ma purtroppo molti altri hanno fatto finta di niente e sono stati indifferenti”.

III) Per una mamma che cresce i suoi figli in una città come Palermo, che consigli daresti per spiegare bene la differenza tra bene e male, senso civico, senso delle Stato e criminalità?
R: “Li porterei a vedere le targhe e i monumenti di cui la città è piena”.

IV) Nelle scuole si parla pochissimo delle mafie, dato che sei anche un’insegnante come ti approcci di solito con i tuoi studenti nel parlare del crimine organizzato?

R: “Molti bambini che ho incontrato hanno cercato su internet le persone e le storie che ho raccontato per vedere i volti reali, mentre altri hanno inventato dei videogiochi dove Pietro doveva fare delle scelte e se faceva quelle giuste aumentava di livello”.

V) Una delle cose più difficili da spiegare ad un bambino sono termini come “collusioni”, “infiltrazioni”, “servizi segreti deviati”. Di solito come riesci a farti capire da un bambino della quinta elementare o della prima media?

R: “Non uso questi termini perchè sono molto complessi ma parlo di tradimento di quelli che dovevano proteggere i buoni e invece hanno tramato alle loro spalle”.

VI) Le famiglie fanno poco, la scuola idem e infine la politica meno di zero. Io credo ancora nella forza della parola scritta e delle illustrazioni che sono presenti nel tuo bellissimo libro.

R: “A scuola si parla di mafia solo il 23 maggio (giorno in cui fu ucciso Giovanni Falcone) e il 19 luglio (giorno in cui fu assassinato Paolo Borsellino). Io parlo di ‘mafie’, quelle che sono presenti ogni giorno nelle slot machine, nella droga, nel pizzo, nella prostituzione. Basta leggere un giornale e da li si va poi indietro a studiare il fenomeno”.

VII) Le famiglie fanno poco, la scuola idem e infine la politica meno di zero. Io credo ancora nella forza della parola scritta e delle illustrazioni che sono presenti nel tuo bellissimo libro. Se ti chiedessi perché questo tuo ammirevole enorme impegno contro le mafie? Chi te lo fa fare? Cosa mi risponderesti?

R: “Che credo in quello che faccio, la sento come urgenza e so che affidando il bene ai bambini loro non lo sporcheranno con il grigio del compromesso e con la banalità del male”

VIII) Come ultima domanda cosa diresti a mio figlio Alessio di 11 anni che ha appena letto il tuo libro?

R: “Auguro ad Alessio di correre sempre verso i suoi sogni, anche con le paure. Perché solo chi ha paura ma taglia il traguardo del bene collettivo, ha vero coraggio”.