Cinema: “Racing Bull”, la boxe secondo Martin Scorsese

La celebre sequenza in slow motion dei titoli di testa del film “Racing bull” di Martin Scorsese

 

Jack LaMotta: “Ascolta Vickie, sono stato veramente così cattivo e violento come si vede nel film?”

Vickie: “No, eri peggio…”

(Dialogo tra Jack e Vickie dopo la prima del film nel dicembre del 1980”)

 

di Alessandro Ceccarelli

 Un’opera d’arte nata da una profonda crisi umana

“Toro Scatenato” (titolo originale “Racing bull”), a 36 anni dalla sua uscita, rimane una delle opere più complesse, mature e suggestive del cinema contemporaneo. In una classifica stilata dall’autorevole American Film Institute la pellicola di Scorsese è al quarto posto nei migliori cento film americani di tutti i tempi. Nel 1990 è stato prescelto per la conservazione nel National Film Registry della Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti. Eppure nonostante la critica lo consideri da sempre come una vera e propria opera d’arte alla cerimonia degli Oscar del 1981 (nonostante avesse racimolato ben nove nomination) vinse solo due statuette per l’interpretazione di Robert De Niro nei panni di Jack LaMotta e per il montaggio curato da Thelma Schoonmaker. Anche gli incassi al botteghino furono piuttosto deludenti. Costato 18 milioni di dollari, “Toro Scatenato” arrivò a circa 24 milioni nel mercato Statunitense.

Come nacque il film che è ritenuto la prova più matura e sincera di Martin Scorsese? Come spesso accade una grande opera nasce da grandi difficoltà finanziarie, umane e personali. Per quanto riguarda il cineasta italoamericano, dopo il flop del film “The Last Waltz” (1978), era caduto in una profonda depressione culminata con il suo ricovero in ospedale per abuso di cocaina nel settembre dello stesso anno. Durante la degenza il suo amico Robert De Niro gli propose di girare “Toro Scatenato”, ovvero la drammatica storia del pugile Jack LaMotta. All’inizio il regista disse di no perché non gli piacevano i film sportivi ma alla fine fu convinto dall’entusiasmo e dalla stoica volontà di De Niro. Molti sostengono (e lo stesso Scorsese lo confermò in seguito) che l’attore gli salvò letteralmente la vita e la carriera.

“Toro Scatenato”: un perfetto team di amici

Uscito dall’ospedale Scorsese si tuffò totalmente nel progetto di De Niro per portare sullo schermo la vita del pugile italo americano Jack LaMotta. La sceneggiatura fu scritta anche con il fidato amico Paul Schrader e Mardik Martin (che avevano lavorato in “Taxi Driver”). Per il montaggio Scorsese scelse come sempre la fidatissima Thelma Schoonmaker e per la fotografia l’eccellente Michael Chapman. Proprio per le immagini, Martin Scorsese contro il parere negativo di tutti, pretese che la pellicola fosse girata in bianco e nero: un evidente rischio per l’esito al botteghino. Per il commento musicale la scelta di Scorsese fu eccentrica e originale: optò per le musiche della sua infanzia, quindi “La cavalleria rusticana”, “La barcarola di Silvano”, il “Guglielmo Ratcliff” di Pietro Mascagni e gli “Stornelli fiorentini” di Carlo Buti. Il cast del film era centrato sulla figura di Jack LaMotta, interpretato da Robert De Niro, l’allora sconosciuto Joe Pesci, nei panni del fratello, Cathy Moriarty, nelle vesti della moglie Vickie e poi una serie di caratteristi italoamericani come Frank Vincent, Nicholas Colasanto, Theresa Saldano e il debuttante John Turturro, che si vede per pochi secondi in una sola scena. Le riprese del film furono lunghe, complesse e laboriose. La trama di “Toro Scatenato” abbraccia un periodo temporale dal 1941 sino al 1956, quando il pugile si era ritirato dalla carriera professionistica da due anni. Il regista curò con grande cura i costumi, le scenografie e i luoghi del Bronx dove visse realmente il pugile italoamericano.

Per creare un clima di fratellanza De Niro e Joe Pesci decisero di vivere insieme prima delle riprese e per tutti i mesi delle lavorazioni del film. Leggendaria è la preparazione di Robert De Niro. L’attore per essere credibile sullo schermo come pugile, si allenò con lo stesso Jack LaMotta per decine e decine di round. Alla fine delle riprese secondo lo stesso LaMotta l’attore era in grado di sostenere almeno cinque round contro un pugile professionista. Robert De Niro ingrassò di ben trenta chili proprio come il vero Jack LaMotta quando si ritirò dal ring nel 1954. L’aumento di peso fu tale che causò non pochi problemi di salute all’attore. Il risultato sul grande schermo quando De Niro interpreta la parabola discendente dell’ex pugile nei panni di un improbabile cabarettista è sconvolgente e allo stesso tempo incredibilmente realistica.

Un dramma sulla distruttività umana

“Toro Scatenato” non è solo un film sul violento mondo della boxe. Sarebbe riduttivo per una pellicola così complessa e realistica collocarla insieme alla saga “Rocky” di Sylvester Stallone. Innazitutto il film è una sorta di trattato antropologico di uno sport così fisico e brutale durante gli anni ’40. E’ quindi un ritratto estremamente realistico (da qui la scelta del bianco e nero) per descrivere una città come New York negli anni del secondo dopoguerra, in particolare il problematico quartiere del Bronx, popolato all’epoca dalle minoranza etniche più povere come gli italoamericani e gli afroamericani. In quegli anni il mondo della boxe era controllato in gran parte dalla mafia e dal crimine organizzato. Per molti pugili era impossibile fare carriera senza il “mortale abbraccio” dei boss mafiosi (spesso italoamericani) che dominavano anche il racket delle scommesse. Jack LaMotta si scontrò con quel mondo e ne pagò pesantemente le conseguenze. Il film di Martin Scorsese è una sorta di apologo sulla distruttività umana. Quando il pugile si rende conto che non bastano i suoi pugni e la sua violenza brutale per arrivare in cima sceglie la strada più drammatica: quella dell’autodistruzione, acuita anche dal suo tempestoso rapporto con la seconda moglie Vickie. Dopo il ritiro dall’attività professionistica, Jack LaMotta tentò una sgangherata carriera come cabarettista nei suoi bar. La sua esistenza fu triste e solitaria verso un inevitabile declino drammatico: dopo aver picchiato per l’ennesima volta la moglie Vickie, la donna ottenne il divorzio. Questo fu il periodo più tragico della vita di LaMotta. L’ex pugile rimase da solo: lasciato dalla moglie, abbandonato dal fratello Joey e senza più un dollaro fu arrestato per aver fatto bere nei suoi bar delle ragazze minorenni. “Toro Scatenato” si chiude con una scena memorabile.

Robert De Niro invecchiato e grasso sino all’inverosimile che prova nel suo squallido camerino il monologo di Marlon Brando in “Fronte del porto”.

“È colpa tua, Charley. Eri mio fratello. Avresti dovuto prenderti cura di me almeno un po’, invece di farmi prendere tutte quelle botte solo per un po’ di soldi. Non capisci… È questione di classe! Potevo diventare un campione. Potevo diventare qualcuno, invece di niente, come sono adesso. Guardiamo in faccia la verità. È colpa tua, Charley. È colpa tua.’’

 

Jack La Motta sul set con Robert De Niro
Una sequenza delle riprese del film “Toro Scatenato”