Cinema: “Nomadland”, apologo amaro sulla natura nomade e solitaria dell’America

Il volto rugoso e straordinariamente espressivo di Frances McDormand racconta il lato disperato e profondo dell’altra America, quella degli esclusi e degli ultimi. Un affresco intimo e documentaristico dipinto con grande sensibilità da una regista cinese di grandissimo talento. La cineasta Chloè Zhao ancora una volta descrive con intenso realismo gli aspetti peculiari dei poveri e degli emarginati di una società competitiva e materialista come quella statunitense. Il suo sguardo richiama alla pittura di Edward Hopper e alla visionarietà di Wim Wenders. L’analisi dei personaggi anziani, soli e disperati legati da un “tragico nomadismo” fisico ed esistenziale ricordano i romanzi di Steinbeck e un certo cinema di John Ford (Furore e Com’era verde la mia valle).

La Trama:

Dopo aver perso il marito e il lavoro durante la Grande recessione, la sessantenne Fern lascia la città industriale di Empire, Nevada, per attraversare gli Stati Uniti occidentali sul suo furgone, facendo la conoscenza di altre persone che, come lei, hanno deciso o sono state costrette a vivere una vita da nomadi moderni, al di fuori delle convenzioni sociali. La protagonista Vive di lavoretti saltuari poiché non ha diritto ai sussidi statali e non ha l’età per riciclarsi in un Paese in crisi, e si sposta di posteggio in posteggio, cercando di tenere insieme il puzzle scomposto della propria vita.

Il progetto è nato dall’incontro di Frances McDormand e Chloé Zhao agli Independent Spirit Awards 2018, a cui entrambe erano candidate. Le riprese si sono tenute nell’autunno del 2018. Il film è stato annunciato solo nel febbraio 2019, con l’acquisto dei diritti di distribuzione statunitensi da parte della Fox Searchlight Pictures.
In totale, il film ha avuto un budget compreso tra i 4 e i 6 milioni di dollari.