Cinema, il regista Jean Luc Godard compie 90 anni: il padre della Nouvelle Vague

Da anni è ormai l’uomo invisibile del cinema mondiale: non si mostra in pubblico, ha trasformato il suo domicilio ginevrino nella “caverna” di Platone, schiva le cerimonie ufficiali, non accompagna i suoi film, evita perfino di ritirare i premi. Facile prevedere che anche domani, giorno del suo novantesimo compleanno, Jean-Luc Godard si noterà soprattutto per la sua assenza. Sarebbe già un miracolo se si manifestasse come un Vate nell’oceano della Rete, ma la ricorrenza fa comunque rumore. Nato a Parigi dal genitori protestanti svizzeri il 3 dicembre 1930, preso dal demone della creatività generata dalla “Nouvelle Vague” nascente, filma i suoi primi cortometraggi e si lega di profonda amicizia a François Truffaut con cui nel ’58 realizza “Une histoire d’eau”. L’amico gli passa il soggetto di “Au bout du souffle” (All’ultimo respiro) con cui debutta da regista nel ’59. Per dieci anni, fino al 1967, lavorerà a ben 22 titoli (tra lunghi e corti) che fanno storia, tra cui “Le petit soldat”, “Les carabiniers”, “Une femme est une femme”, “Le mepris”, “Bande à part”, “Une femme mariée”, “Weekend”, “Deux ou trois choses que je sais d’elle”. Nel frattempo seduce la sua attrice-feticcio, Anna Karina, rompe l’amicizia con Truffaut per questioni di ideologia politica ed estetica, prende le distanze dalle correnti in voga, ritagliandosi un ruolo di polemista. Nel ’67 sceglie la via dell’impegno politico. Dirige “La chinoise” e dà il via al suo periodo militante culminante negli anonimi “Cinetracs” del gruppo Dziga Vertov, “Vento dell’est” con Gian Maria Volonté e “Crepa padrone tutto va bene” (“Tout va bien”) con Yves Montand del ’72. Negli anni ’70 si propone come pioniere delle nuove tecnologie. In parallelo sviluppa anche un’estetica e una linguistica del cinema assolutamente fuori dagli schemi. Nel 1995 il festival di Locarno gli rende omaggio con il Pardo d’onore. Nel 2011 a lui si inchina anche Hollywood con un Oscar alla carriera ricevuto in contumacia. Di recente ha salutato il Festival di Cannes con « Adieu au language » (2014, Premio della Giuria) e “Le livre d’image” (2018). Per l’occasione la giuria decide, d’accordo con il Festival, di assegnargli una Palma d’oro speciale.